Tolkien e la Grande Guerra (pubblicato su Costruire Storie)

 Tolkien e la  Grande Guerra 

J.R.R. Tolkien e la Grande Guerra
Il 1 luglio del 1916, nel corso della I Guerra Mondiale, la Gran Bretagna, alleata della Francia, scatena una delle offensive militari più violente e drammatiche della storia: è l'inizio della battaglia della Somme, che si concluderà il 30 novembre del 1916, con centinaia di migliaia di vittime (otto chilometri di terreno conquistati, da parte alleata al prezzo di seicentomila morti, più di un milione contando anche i caduti tedeschi).
Al conflitto prende parte anche J.R.R. Tolkien, in qualità di ufficiale di segnalazione dell’undicesimo Fucilieri Lancashire. Il futuro padre dell’high fantasy e scrittore dalla fama mondiale, sopravvive al conflitto, perdendo però due cari amici, colleghi universitari e compagni del TCBS (acronimo di “Tea Club Barrow Society”), il poeta Geoffrey Bache Smith e Robert Gilson, che muoiono nel corso dell’avanzata alleata.
Lo stesso Tolkien lascerà il campo dopo 6 mesi,nel 1917, per aver contratto la febbre da trincea. Nel corso della sua esperienza bellica, Morte e Guerra sono compagne costanti del filologo e medievista di Oxford, e ne sono valida testimonianza i primi racconti abbozzati dallo stesso scrittore nel corso del conflitto, come La Caduta di Gondolin e Turin e gli esuli di Gondolin (1917) che confluiranno, dopo la morte dell’autore, nel Silmarillion (1977). Gondolin, roccaforte e grandiosa città degli Elfi, nascosta tra i monti di Arda, viene attaccata da un brutale esercito di orchi, Barlog, Draghi, al servizio del Primo Oscuro Signore, Morgoth.
E’ la metafora degli orrori della guerra di trincea, del caos e delle devastazioni continue perpetrate dal conflitto bellico, del terrore ossessivo e ansiogeno per un attacco o contrattacco a sorpresa (come quello della Somme), causa di sofferenze indicibili e di innumerevoli morti. Tuttavia accanto alla paura, sempre presente, del crollo totale della civiltà umana, dei valori, della natura e del bello, questi primi racconti di Tolkien sono anche il racconto, la narrazione di una speranza, viva e presente. Tuor, eroe umano, scampa all’assedio di Gondolin, insieme a pochissimi superstiti, e sarà destinato, più avanti, ad avere una parte fondamentale nelle future battaglie contro Morgoth. Prende forma, così, nel 1917, quel corpus mitologico che sarà alla base dell’universo letterario della Terra di Mezzo e dei capolavori fantasy del XX secolo, Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli. Come Tuor, anche Tolkien sopravvive alla battaglia della Somme e, tornato in patria, condurrà la propria personale, legittima battaglia contro il mondo moderno degli ingranaggi, delle macchine (siano esse belliche o da “fabbrica”), della Guerra che oppone uomo contro uomo e manda a morte brillanti menti e giovani studiosi, ricchi di speranza e capacità. L’opera di Tolkien, in particolare il Signore degli Anelli, è frutto, naturalmente, anche dell’esperienza diretta e tragica dell’autore al I Conflitto Mondiale, come emerge dalla similitudine fra alcuni luoghi della Terra di Mezzo e i campi francesi devastati nel corso della guerra dalle mine, da esplosioni, colpi di artiglieria, trincee, fango e malattie; scriverà il Professore di Oxford, in una delle sue Lettere (la n. 226): «Le Paludi Morte e l’avvicinarsi al Morannon devono qualcosa alla Francia settentrionale dopo la battaglia della Somme. Devono molto di più a William Morris e ai suoi Unni e Romani, come in “La Casa dei Lupi” o “Le Radici della Montagna”». Da un lato, dunque, come afferma John Garth, importante studioso dell’opera e della vita di Tolkien, la Guerra e la Battaglia della Somme, cui Tolkien è testimone e partecipante al tempo stesso, influenzano in modo determinante la produzione letteraria dello scrittore, in particolare i temi de’ Il Signore degli Anelli e alcuni luoghi decadenti e tenebrosi della Terra di Mezzo (opera che diviene, così, anche una critica alle degenerazioni politiche, sociali, umane e ai totalitarismi che affliggono il presente nel quale Tolkien vive, scrive, opera).
Dall’altro, punto sul quale ha insistito Tom Shippey, il Medioevo fantastico di WIlliam Morris, con i suoi romanzi cavallereschi, avventurosi, aventi per protagonisti eroi di ispirazione arturiana e cortese, impegnati in un viaggio/percorso ciclico di salvezza/formazione, è un’altra grande fonte di ispirazione per Tolkien. E non è dunque un caso se proprio i romanzi di Morris sono quelli maggiormente letti dai soldati britannici impegnati sul fronte nel corso della I Guerra Mondiale: la Fonte ai Confini del Mondo (1896) con la sua “terra di orrore e raccapriccio”, tanto simile alle pianure francesi distrutte dai continui conflitti, oltre ad essere uno dei testi letti e maggiormente apprezzati tanto da Tolkien quanto da Lewis, è uno dei più apprezzati dai volontari nelle trincee, per la sua funzione “catartica” (o, per meglio dire, di “escape” e “consolation”, nell’accezione tolkieniana), in quanto traduce, in chiave soprannaturale, le ansie, le paure, i timori che affliggono i soldati impegnati in un contesto devastato e cruento. Ma offriva anche un messaggio di speranza, la possibilità di un ritorno glorioso in patria, la salvezza finale, cui sono destinati poi tutti gli eroi dei romanzi morrisiani, dopo il superamento di una serie di prove difficoltose e mistiche. Esperienza diretta sul fronte nel corso della I Guerra Mondiale e influenza di Morris, sono entrambi fattori rilevanti nella genesi dell’opera tolkieniana: in questo caso particolarmente significativo appare l’arco narrativo gravitante attorno ad Isengard, alla figura di Saruman e “Le Due Torri”, che è possibile leggere in una chiave di critica volta contro le dittature militari del mondo contemporaneo, gli estremismi politici, la devastazione insensata e violenta della natura (sia essa umana o vegetale) tramite la genesi aberrante degli Uruk-hai e la distruzione della Foresta di Fangorn, viva, pulsante e parlante, che si incarna nella figura del suo difensore e ultimo custode Barbalbero (il “Green Man” della Terra di Mezzo).
Per Tolkien gli acerrimi nemici della Terra di Mezzo e, nello stesso tempo, della nostra, sono i mali della modernità: Isengard, in tal senso, la fortezza oscura di Saruman, rappresenta i sistemi tecnologici ed economici disumani, volti al profitto, che schiavizzano totalmente l’uomo, a renderlo un numero senza valore, all’interno degli ingranaggi e dei meccanismi della produzione in serie, quel mondo delle macchine, dell’industria, fine soltanto all’utile e al possesso della materia, ottenuta con la rovina della natura e, insieme, dell’annientamento di ogni traccia di umanità, dell’essere. In Tolkien il mondo “secondario” della Terra di Mezzo, dunque, diviene una sorta di Medioevo romantico, ultima era del mondo a conservare poche e sbiadite tracce della grandezza antica, della cavalleria epica e cristiana, da difendere dal declino, dai ritmi artificiali e frenetici, dall’avanzata della macchina, del capitalismo selvaggio e dei sistemi politici dittatoriali, che ancora oggi caratterizzano, seppur in forma diversa, la nostra realtà.

Nicolò Maggio

Per un approfondimento si rimanda ai seguenti testi:

SHIPPEY, TOM, La via per la Terra di Mezzo, trad. it., Marietti, Torino, 2005.

GARTH, JOHN, Tolkien e la Grande Guerra, trad. it., Marietti, Torino, 2007.

Si rimanda inoltre al seguente articolo, scritto dall’autore del post: MAGGIO, NICOLO’, Isengard e la Grande Guerra, in “Gli Annali della Terra di Mezzo”, 14 aprile 2021, link: https://annalidellaterradimezzo.blogspot.com/.../isengard...




L'assedio di Gondolin. Fonte immagine: https://pixidis.org/2017/12/11/alle-fondamenta-della-terra-di-mezzo-3-la-caduta-di-gondolin/

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