Medioevo fantastico. L'invenzione di un altrove medievale


MEDIOEVO FANTASTICO. L'INVENZIONE DI UN ALTROVE MEDIEVALE

L'invenzione di un altrove medievale. Fantasy e fantascienza (Nicolò Maggio)

1.1. Nascita di un'idea

Convenzionalmente con il termine Medioevo si è soliti indicare quel lungo periodo, durato circa mille anni, posto tra l’età antica e la moderna, tra lo splendore classico e la rinascita cinquecentesca, nella quale convivono, in un unico insieme (tutt’altro che omogeneo), contesti politici - economici, strutture statali differenti, personaggi molto diversi fra loro (Carlo Martello e Lorenzo de Medici, da Liutprando a Giovanna d'Arco - ma anche contesti che non hanno un’effettiva unità d’insieme o continuità, il Medioevo abbraccia ad esempio lo sviluppo dei regni romano - barbarici e la Peste Nera del Trecento). Costruzioni artificiali, che la cultura e la tradizione europea hanno consolidato nel corso dei secoli ma che celano in realtà una vis polemica che mai si è attenuata: una polemica nata in seno agli ambienti umanisti italiani dei secoli XIV e XV, che identificavano nel periodo posto fra il crollo dell'Impero Romano d'Occidente nel 476 d.C. E i loro tempi, un'età "mediana", di transizione, di passaggio e decadente rispetto al glorioso passato romano, che si riteneva superata. Furono quindi gli uomini che noi consideriamo "medievali" a inventare il Medioevo, senza avere la coscienza di essere medievali essi stessi e, anzi, considerandosi moderni, innovatori, scopritori della classicità e nello stesso tempo protagonisti della renovatio dello spirito antico. Sono i "secoli bui" quelli cui accenna Petrarca e poi descritti dai cronisti e umanisti Leonardo Bruni, Flavio Biondo, Giovanni Andrea Bussi, Nicolò Cusano, i primi creatori di una "media aetas tempestosa", dai confini temporali sfumati, ma comunque negativi per la storia d’Italia e d’Europa: un'età di mezzo nata in seno alla polemica, alla critica del passato (molto spesso un passato recente, quando non una critica rivolta dagli “innovatori” ai “rozzi” scrittori loro contemporanei, “medievali” in quanto colpevoli di aver imbarbarito il latino di Roma con storpiature e volgarizzazioni), nella convinzione di averlo superato, con il rinnovamento delle arti e della letteratura, con il recupero delle arti classiche e della lezione degli antichi.

Ciò detto è utile per comprendere come il Medioevo non sia soltanto un periodo statico della storia umana, ma un concetto, un'idea, nata con un’accezione polemica, sviluppata a partire dal XV secolo, che faceva riferimento ad un’età medievale dai limiti cronologici sfumati e imprecisi (delineati con più precisione intorno al Seicento) - ma sulla collocazione temporale ancora oggi si discute e dibatte (si pensi alle teorie di Henri Pirenne) - connessa ad una definizione negativa e dispregiativa (media aetas, come età di mezzo, periodo che sta fra le sole due età che contano, l’antica e la moderna, un “vuoto fra due pieni”, per usare una definizione cara al professor Tommaso di Carpegna Falconieri) e ripresa con vigore nel Settecento; il secolo dell’Illuminismo, di Diderot, Voltaire e D'Alembert, fu infatti fortemente critico nei confronti del Medioevo: per gli enciclopedisti fu l’età "degli assolutismi, della superstizione, dei Papi e della corrotta Chiesa di Roma".

Diversamente, nel corso del XIX secolo, il Medioevo sarà riabilitato dal Romanticismo, il movimento dell'irrazionale, del sublime e del sentimento che coinvolge, in una tempesta byroniana, tutta l'Europa. Quel Romanticismo che «sognando di dissetarsi alla fonte viva del primitivo e del popolare», venerando il passato, finì per inventarlo: il Medioevo divenne il pretesto per la ricerca di presunte radici razionali ma anche un altrove fantastico fatto di magia, cavalleria, amore cortese, ordini militanti, foreste mistiche, castelli incantati1.

1.2. Il Medioevo alle origini del fantasy contemporaneo.

Se il Medioevo è entrato a far parte dell’immaginario collettivo nelle vesti di un tempo/spazio/altrove dell’indefinito, terra del fantastico e del mistero, del folklorico e dell’eroismo, lo si deve in prima istanza ai romantici: intellettuali, artisti, pittori, ma anche storici, letterati, architetti, in opposizione con gli ideali razionali dell’Illuminismo e con i rigidi canoni del classicismo, esaltarono l’irrazionalità, l’immaginazione creativa, la fede cristiana, il sublime e il sentimento, trovando proprio nel Medioevo, nell’età che il Settecento aveva criticato, osteggiato e giudicato decadente in tutte le sue espressioni (culturali, sociali, artistiche), l’età d’oro nella quale collocare i loro sogni e aspirazioni, i loro modelli politici, estetici ed etici di riferimento (si pensi, fra i moltissimi esempi validi, all’esaltazione dell’ “irregolare” stile gotico, che il Vasari definiva appunto una “regola senza regola”, un giudizio di valore negativo abbracciato nei secoli successivi, ma catapultato con le rielaborazioni ottocentesche di numerosissimi architetti, dall’Europa all’America, protagonisti del Neogotico, nuovo stile “nazionale”, patrio, cristiano e insieme identificato della nuova società borghese e industriale). Naturalmente questo fenomeno di revival, rielaborazione (formale e ideale), esaltazione e riproposizione del Medioevo dopo il Medioevo, definito appunto Medievalismo, che nel XIX secolo coinvolge tutta Europa (per poi allargarsi all’America anglosassone) si è declinato in pluralità di voci, stili, mode, forme differenti, da paese a paese, da nazione a nazione, a seconda del contesto politico, sociale, economico di riferimento che ha rielaborato una sua personale visione del passato. 

Il Medioevo romantico trovò, ad esempio, un’espressione nazionale nell’Inghilterra Vittoriana (si pensi alla realizzazione del Palazzo del Parlamento in stile neogotico, opera di Barry e Ruskin) ma anche, soprattutto, fu qui reinterpretato quale età onirica, da sognare con nostalgia e rimpianto: nei quadri dei Preraffaelliti inglesi, ad esempio, i soggetti, tratti dal Ciclo Arturiano, dalla Commedia dantesca e dell'opera shakespeariana, esprimono profondi slanci emotivi, nelle vesti di cavalieri devoti, eroici e cortesi, o di bellissime dame alle volte sensuali, ammalianti ma anche pericolose (la Morgana di Edward Burnes-Jones, o la Lady of Shallott di J. W.Waterhouse), angeliche (Beatrice di Dante G. Rossetti) o severe (la Ginevra di William Morris). Oppure un’età dimenticata, amena, da rivivere lontano dai fastidi dell’industrializzazione e del mondo moderno immersi nei giardini paesaggistici degli imprenditori whig, fra “Grotte di Mago Merlino”, stagni delle ninfe, boschi misterici, obelischi “egiziani”, padiglioni orientaleggianti, tempietti neogotici e finte rovine neomedievali (dei veri e propri “microcosmi storici - narrativi”, come li ha definiti Renato Bordone nel suo splendido e attualissimo Specchio di Shalott), spesso veicoli, nelle intenzioni dei committenti / progettisti, di messaggi esoterici - massonici, opere debitrici delle atmosfere sognanti del Paradiso perduto di Millais e delle ambientazioni medievaleggianti e oniriche di Shakespeare. O ancora un’età da ricreare nel presente attraverso la rinascita delle Corporazioni di Arti e Mestieri, l’applicazione di nuovi sistemi politici, lavorativi-economici fondati sul corporativismo “cristiano”, l’esaltazione dell’opera artigianale e manuale, come nell’intento di William Morris, preraffaellita e anima delle “Arts and Craft”, ma anche esponente del socialismo utopistico, per il quale il Medioevo “comunitario” e corporativo è dunque un modello politico efficace, attivo, funzionale, da rinnovare nel presente in aperto contrasto con il mondo delle macchine, della tecnologia e delle fabbriche. Il ritorno al Medioevo morrissiano è una denuncia alla modernità industriale che assorbiva le singole individualità, privava il prodotto artistico del suo intimo rapporto con l’artista e, di conseguenza, l’arte di originalità attraverso la produzione in serie, cancellava per sempre campagne rigogliose per edificare città grigie, cassiose e immerse dal proletariato2.

Non dunque un caso se fu proprio l’Inghilterra innamorata del Medioevo a sfornare il primo romanzo storico di ambientazione medievale (Walter Scott, l’autore dei romanzi di Waverley e Ivanhoe), ma anche a dare i natali alle prime espressioni del genero gotico (Horace Walpole, autore del Castello di Otranto e della fantasiosa neomedievale villa di Strawberry Hill, ispiratore dei racconti tenebrosi, cupi, dei castelli stregati di M. G. Lewis, Ann Radcliffe, Mary Shelley, l’autrice del Frankenstein, e di Bram Stoker, autore del celeberrimo Dracula, tra le massime e pure espressioni del genere gotico ottocentesco) e fantasy. Tra i precursori del genere vi sono il già citato William Morris, artefice di un revival romantico del Medioevo che abbraccia diversi campi del sapere (artistica, filosofica, politica, culturale), tra i quali anche la narrativa e la poetica, traduttore del Beowulf ma anche autore di poemi, racconti e romanzi, che rielaborano la “materia di bretagna” e la Saga dei Nibelunghi; su tutti vanno ricordati Il Paradiso perduto (1870), Le Radici della Montagna (1889), Il bosco oltre il Mondo (1894), La fonte ai confini del Mondo (1895), espressione di un’età di mezzo fantasticata, idilliaca, lontana, cui aspirare nella società di oggi, e quindi anti-realista, surreale, a tratti allegorico. L'altro iniziatore del fantasy moderno è George McDonald, autore di Le fate dell'ombra del 1858 e de La principessa e i goblin del 1872, che insieme al preraffaellita è tra gli autori che ispireranno - nei temi, nelle ambientazioni medievaleggianti, nella funzione etica, attuale, consolatoria e di “evasione” dell’immaginazione creativa - J. R. R. Tolkien, autore de Lo Hobbit e de Il Signore degli Anelli, e C. S. Lewis, lo scrittore de Le Cronache di Narnia3.

In Francia il Medioevo venne esaltato quale testimonianza gloriosa del passato monarchico, tradizionalmente cattolico-cristiano, anche in opposizione alla “damnatio memoriae” perseguita dalla Rivoluzione Francese, a partire dal Museo dei Piccoli Agostiniani di Lenoir (1795), testimonianza dei monumenti e opere d’arte della Francia medievale, per poi proseguire con il Genio del Cristianesimo (1820) di René Chateaubriand, la riscoperta e pubblicazione rivisitate delle chanson de geste e della poesia in lingua d’oc ad opera di Raynouard e Fauriel, il romanzo storico Notre-Dame de Paris di Victor Hugo (1831), in cui la vera protagonista è la medievale, splendida, maestosa e suggestiva Cattedrale parigina, restaurata (in stile neogotico) poco più avanti da Viollet Le Duc (1845 - 1870), stesso autore protagonista dei restauri integrativi (ricostruttivi e di invenzione) del castello di Pierrefonds (1185), del complesso fortificato di Carcassone (1850).

Negli stati non ancora unificati nel XIX secolo e che raggiungeranno l’indipendenza soltanto nel corso della seconda metà dell’Ottocento, in particolare la Germania e l’Italia - ma anche nei paesi dell’Europa Orientale, dalla Serbia alla Russia, con prodromi sino al XX secolo - il Medievalismo assunse forti valenze nazionalistiche, connesse fortemente con le rivolte risorgimentali, con le aspirazioni di unificazione nazionale e identitarie, o con la lotta all’invasore straniero. In Germania prima lo Sturm und Drang di Goethe, Schiller, Novalis e Schelling, poi il movimento neogotico e gli intellettuali romantici, rielaborarono ed esaltarono l’età del Primo Reich, il Sacro Romano Impero Germanico, e di Federico I Barbarossa, le origini medievali delle tradizioni popolari, delle fiabe (rivisitate e raccolte dai fratelli Grimm) e della lingua tedesca (il Volksgeist, lo “spirito del popolo”, come lo definì Herder), edificando e restaurando imponenti monumenti civili e religiosi neomedievali. Esempi di questo ritorno glorioso le Chiese di età guglielmina, come la Chiesa di Friedrichswerder (1830) di Schinkel, i colossali monumenti al Barbarossa (Kyffhäuserdenkmal) e alla Battaglia delle Nazioni edificati tra XIX e XX secolo, le numerose torri Bismark, espressione di una nazione forte, possente, dalle valorose origini medievali; un Medioevo mitico e nordico che viene ulteriormente rielaborato da Richard Wagner nei suoi drammi musicali, fondativi di un nuovo “Ciclo del Graal” che riprende l’epica norrena e il ciclo bretone in una nuova chiave etica - religiosa (Lohengrin, Parsifal, Tristano, L’anello del Nibelungo), che ispireranno, tra l’altro, il re “folle” Ludwig II di Baviera, amico e mecenate del compositore, committente e insieme progettista amatoriale di fantasiosi castelli in un fantasioso neogotico, stravaganti e fiabeschi (castello di Hohenschwangau, Linderhof e, naturalmente, il Neuschwanstein, modello su cui si baserà Walt Disney per la rappresentazione dei suoi castelli animati). 

Naturalmente anche l’Italia si trova immersa in questo fenomeno di revival, ad esempio, la storiografia “neoghibellina” o “neoguelfa” (che già nelle definizioni di posizione - schieramento si richiamava ai conflitti medievali incorsi fra guelfi, sostenitori del Papa, e ghibellini, sostenitori degli interessi imperiali e contrari alla politica del pontefice) riprende episodi esemplari dell’Italia medievale, quali la conquista Longobarda, l’età dei Comuni e la riscossa contro Federico Barbarossa, il ruolo del Papato e della Chiesa, leggendoli in chiave ora laica, a sostegno di un governo nazionale liberale, svincolato dal giogo del papato (si pensi al Simonde de Sismondi, autore dell’imponente Storia delle Repubbliche italiane dei Secoli di Mezzo, o all’opera teatrale Giovanni da Procida di Giovan Battista Niccolini) ora cristiana-cattolica a supporto di un governo federale con la guida somma, insieme temporale e spirituale, del Papa (si pensi alle opere sul Medioevo italiano di Carlo Troya o alla Storia d’Italia di Cesare Balbo, che esaltano l’operato attivo della Chiesa di Roma nel periodo medievale, il suo ruolo di cristianizzazione dei Longobardi e dei Barbari germanici, la mediazione con il Sacro Romano Impero, la conservazione del patrimonio classico - romano). Il Medievalismo in Italia si distingue dunque per la forte cifra patriottico - risorgimentale ma anche per la forte componente emozionale, ad essa connessa, che abbraccia tutte le espressioni artistiche, dal teatro alla pittura, dalle opere di storia all’architettura, manifestazioni del sapere che si influenzano reciprocamente, si compenetrano e intersecano, in una sincronia originale, generando un particolare revival dell’età di mezzo: si pensi alle liriche di Verdi (I Vespri siciliani, 1855), ai dipinti di storia di Hayez (I vespri, 1846; Rinaldo e Armida, 1813), al neogotico carloalbertino, espressione identitaria della dinastia Sabauda, ai giardini romantici di Jappelli in Veneto, alle città o borghi neomedievali, pensati per essere un effettiva riproduzione degli abitati dell’età di mezzo, funzionali e abitati, lontani dal trambusto delle città industriali, dalla tecnologia e dalle fabbriche4.

Quest’ultimo punto si ricollega a diversi esempi di Medievalismo tardo-romantico e contemporaneo, che è doveroso citare: il Borgo (neo)medievale con annessa Rocca del Valentino, costruito a Torino da Alfredo d’Andrade e dalla sua squadra di esperti architetti e artisti (1884), “scenografia a cielo aperto”, che ospita ancora oggi al suo interno case abitate, botteghe, maestranze artigiane, una stamperia per riproduzioni secondo metodi tradizionali di stampe e xilografie, un caffè e attività commerciali, liberamente ispirato ai complessi abitativi del Piemonte Tre-Quattrocentesco, in realtà frutto creativo e di invenzione di un Medioevo insieme nostalgico, municipale, fantastico5; il Borgo svedese dell’isola di Skansen (1891), progettato da Hazelius quale “museo etnografico” attivo e funzionante, con le sue abitazioni contadine e botteghe artigianali ispirate ai modelli svedesi dell’età di mezzo, ancora oggi abitato da diverse famiglie che vivono secondo usanze e tradizioni preindustriali; l’emiliano Borgo Grazzano Visconti (dei primi anni del Novecento), il “falso storico più bello d’Italia”, ispirato al Borgo del Valentino e opera del genio del mecenate e filantropo Giuseppe Visconti. Vanno infine citati, in questo contesto di ri-costruzione del passato, due originali casi contemporanei: il francese Castello di Guédelon, in Borgogna, la cui costruzione, iniziata nel 1993 su progetto di Jacques Moulin e di una squadra di esperti medievisti e archeologici, il cui completamento è previsto per il 2023, viene condotta secondo tecniche tradizionali e usando materiali del XIII secolo, progetto che una volta ultimato ospiterà edifici tipici della società medievale (abitazioni, la cappella, il villaggio, officine, un mercato, torrette) e avrà finalità formative, turistiche, scientifiche, occupazionali, connesse alla funzione scientifica dell’archeologia sperimentale; l’altro esempio, meno filologico, ma altrettanto appassionante e coinvolgente, è l’italiana Contea degli Hobbit di Bucchianico, in Abruzzo, nata su progetto dell’appassionato tolkieniano Nicolhas Gentile, progettata per tradurre in realtà il sogno della Terra di Mezzo e dove è possibile condurre una vera e propria vita hobbit, tranquilla, in mezzo alla natura, tra case “scavate nel terreno” che riproducono fedelmente le abitazioni della Contea, coltivando un orticello, passeggiando alla scoperta di boschi e fiumi, assaporando pietanze tipiche della Terra di Mezzo o vivendo inattese avventure6

Il Medioevo, insomma, specie nelle sue vesti di “altro mondo” fantastico, è oggi più vivo e attuale che mai, ed investe tutta la cultura occidentale che se ne nutre e appropria continuamente.   E, da aggiungere, non solo occidentale: si pensi all’invenzione, a partire dagli anni Ottanta del XX secolo, di un Medioevo “nipponico”, spesso connesso ai timori legati ai disastri nucleari passati e possibili, esemplificato dal cinema d’animazione del Maestro Miyazaki, come Nausicaa della Valle del Vento e Princess Mononoke, nelle quali l’attività tecnologica e negativa dell’uomo rischia di porre fine a interi ecosistemi o foreste, oppure conduce la civiltà ad uno stato pre-moderno, in una sorta di “Medioevo di ritorno” (il futuro assomiglia al passato) colpito dall’offesa atomica, dove chiusi in villaggi rurali, piccole comunità conducono una vita pacifica e semplice attorniati da una natura incontaminata, e le auto volanti dette mehve, sono le uniche tracce di un passato tecnologico scomparso; oppure si pensi al più recente manga dark-fantasy e post-apocalittico L’Attacco dei Giganti (2009-2021),  nel quale un’umanità sopravvissuta si ritrova abbarbicata tra possenti mura concentriche, in un Medioevo monarchico, chiuso, feudale e rurale, costantemente posto sotto l’attacco dei Barbari7.


1.1.3. L'età di mezzo come sogno nostalgico.


Un sogno del Medioevo, erede dell’Ottocento romantico, oggi alimentato da una pluralità di espressioni

culturali, artistiche, mediatiche, sociali, tradizionali, rievocative.

Il cinema, con un filone ricchissimo di film di ispirazione medievale, dall’Ultimo sigillo di Bergman (1957) al Ciclo dei Templari con Nicolas Cage, da Robin Hood principe dei ladri (1981) di Reynolds, interpretato da Kevin Costner, alle Crociate di Ridley Scott (2005), dalla saga di Indiana Jones (1981-2009) al Medioevo satirico, dal “basso” di Moricelli, con l’Armata Brancaleone (1966). Il fumetto, come Prince Valiant di Harold Foster, del 1937, tra i primi esempi a vignette di un Medievalismo nordico, “vichingo” e americano, primo di una lunga serie di fumetti di ambientazione medievale, dal ciclo belga-francese, crudo e violento, delle Torri di Bos Mauy, opera di Hermann Huppen al ciclo arturiano rivisitato da Mike W. Baur con Camelot 3000, da alcune ambientazioni medievaleggianti di Topolino all’Universo Marvel con le storie del Cavaliere Nero o quelle ambientate nel fantastico mondo (all’inglese) di Avalon. Vi sono poi i mass media e i social network; la musica (dalla musica d’autore italiana - si pensi a De Andrè - al new metal); le mode new age e i “neopaganesimi”, o le “nuove-antiche” religioni, come la wicca, connesse (idealmente) al culto della natura e alla magia druidica; i prodotti dell’americana Walt Disney (si pensi ai film che rivisitano le fiabe tradizionali come Biancaneve, Cenerentola, La bella addormentata, La bella e la bestia, Aladdin); il linguaggio giornalistico e quello di una certa propaganda politica che spesso utilizzano una lunga black list di stereotipi negativi legati al Medioevo, “buio”; “arretrato”, “incivile”, per riferirsi a condizioni particolarmente ripugnanti, degradate o superate agli occhi della società civile contemporanea.

Tuttavia il successo dell' ”Altro” Medioevo nell'età contemporanea si deve soprattutto alla letteratura fantasy (in particolare ad un sottogenere “alto” inaugurato da Tolkien, il fantasy epico, con Il Signore degli Anelli), ai racconti sword and sorcery, di cui è protagonista il Conan il barbaro di Howard, ad un nutrito filone di racconti di fantascienza, distopici, postapocalittici e “future history”, e in una certa misura anche a quel particolare genere narrativo detto “fantascienza horrorifica”, inaugurata da H.P. Lovercraft, il cui Ciclo di Chtulhu è la testimonianza più nota, sia per il successo che per la lunga lista di continuatori che l'opera del Solitario di Providence ha avuto – da Smith a Delreth, nonché a Robert. E. Howard, l'inventore di Kull di Valusia e del barbaro Conan, i cui racconti venivano pubblicati per la prima volta nella rivista “pulp-horror” statunitense “Weird Tales”. Il fantasy ha dunque contribuito a forgiare l’idea di Medioevo come alternativa esistenziale, quasi filosofica, metafisica alla società di oggi, al mondo contemporaneo e alla sua profonda crisi di valori, una valenza intrinseca che va ben al di là della semplice percezione di una realtà storica fisica - e finita - durata mille anni. E ne ha, soprattutto, rinvigorito la funzione “mitopoietica”. Proprio con l’intento di generare una “nuova epica per il nuovo millennio”, nella quale si potesse riconoscere l’Inghilterra (priva, a detta dell’autore, di un vero sostrato mitico, se si esclude il ciclo arturiano, troppo connesso, però, con il messaggio cristiano), J.R.R. Tolkien, autore diventato un vero e proprio “caso” mondiale con la pubblicazione e il successo repentino del Signore degli Anelli (opera fantasy “colta”, pubblicata tra 1954 e 1955), ha forgiato il mito del Medioevo nell’età contemporanea. 

Un revival del Medioevo che in Tolkien avviene su due livelli: da un lato il Professore di Oxford è romanticamente innamorato dell’età di mezzo, delle sue espressioni letterarie e appassionato lettore degli autori romantici, a partire da Morris; dall’altro il suo è un recupero colto, filologico, che scava a fondo nelle fonti medievali germaniche e antico-inglesi, per “sub-creare” una nuova mitologia: l’Edda poetica e in prosa, romance come Sir Gawain and the Green Knight, il Beowulf, il ciclo dei Nibelunghi, forniscono a Tolkien i modelli per le tematiche, i nomi e caratteristiche dei suoi personaggi (da Gandalf ai Nani che popolano la Terra di Mezzo), per i luoghi e le atmosfere. Tolkien rinnova, ad esempio, alcuni nessi tematici della letteratura medievale, come la quest, il viaggio circolare dell’eroe protagonista, introducendo nella sua opera (Il Silmarillion, Lo Hobbit, Il Signore degli Anelli) temi e valori nuovi, motivi intrinsecamente cristiani, protagonisti “atipici” (i mezzuomini Hobbit): ne sono espressione, ad esempio, la cavalleria di Rohan, cortese, valorosa, depositaria della memoria degli antenati e delle loro gesta, nello stesso tempo simbolo della difesa estrema dell’umanità contro le orde “senza identità” di Saruman e Sauron, o la figura dell’antieroe (si pensi ad eroi tormentati come Boromir, o Frodo, combattuto interiormente sino alla fine della quest, né “bianchi” né “neri” ma grigi, o agli stessi Nani, descritti da Tolkien stesso come «una razza per lo più robusta e resistente, segreta, laboriosa, fedele ai ricordi del male (e del bene) ricevuto, amante della roccia, delle gemme, delle cose che prendono forma nelle mani degli artigiani più che di ciò che vive d'una vita propria»), il mito connesso alla figura del sovrano, del re guaritore e del re che ritorna, ripresi rispettivamente dalla cultura medievale (il primo fenomeno studiato e analizzato da Marc Bloch nel suo celebre I re taumaturghi, 1924) e dal Ciclo arturiano e reinterpretati nella figura e nell’opera di Aragorn, sovrano che non viene mai meno alla “chiamata”, al suo destino, compiendo, seppur preda delle debolezze umane (è un ramingo, non riconosciuto dal Sovrintendente di Gondor), la sua missione in nome della libertà e della salvezza delle genti libere, ripristinando l’ordine naturale della Terra di Mezzo - ma anche del re dormiente sotto la montagna destinato a ridestarsi alla fine dei tempi (è il caso dei re dei Nani Thorin e Durin il Senza Morte)8

E’ la nostalgia per un’età dimenticata, quel Medioevo sognato dai romantici, che viene rievocata nel Signore degli Anelli attraverso il ricordo della grandezza e della civiltà passata di cui, nell’opera, resta soltanto un’eco: è il rimpianto degli Elfi, custodi del “bello”, della natura, dello spirito della Terra di Mezzo, che rimembrano i giorni di gloria della Prima Era e i Regni del Beleriand, o il triste canto intonato da Gimli una volta giunto a Moria, evocante lo splendore dell’antica Khazad-dum, o la triste melodia intonata da Aragorn, narrante l’amore tra il mortale Beren e l’elfa immortale Luthien avvenuto nel corso della prima era del mondo. Il Signore degli Anelli sarà trasportato sul grande schermo da Peter Jackson, regista dell’omonima trilogia pluripremiata degli anni duemila, che consegnava al grande pubblico9

Il Signore degli anelli di J. R. R. Tolkien ebbe il gran merito di portare alla ribalta il genere fantasy, in un periodo in cui questo tipo di narrativa veniva declassata a semplice lettura per ragazzi, di svago o intrattenimento. In questa impresa fu affiancato dal collega ed amico Clive Staples Lewis, anche lui filologo, medievista e grande amante dei miti nordici.

Il nome di Lewis presso il grande pubblico è oggi per lo più legato alle Cronache di Narnia, ciclo di sette romanzi fantasy per bambini che l'autore scrisse e pubblicò tra 1950 e 1956; ciò si deve, oltre al grande successo riscosso dall'opera, alla omonima trilogia filmica ad essa ispirata, prodotta dalla Disney tra 2005 e 2010. I castelli, le imprese eroiche, i principi-cavalieri cristiani dell’opera (Caspian, Edmund, Petar), baluardi contro il male che avanza nel mondo, il tema della tentazione ripreso dal Galvano e il Cavaliere Verde, rappresentano un Medioevo cristiano e sognato con nostalgia, e soltanto recuperandolo, con le sue «più grandi magie», è possibile difendere l’uomo dagli «incantesimi cattivi della mondanità» e dall’avanzare della modernità10

Sulla scia di Tolkien altri “sub-creatori” hanno generato nuovi universi epici, ricreando un altro Medioevo contemporaneo, giungendo a risultati “alti”, come nel caso del Ciclo di Terramare di Ursula Le Guin (1968-2001), o Il Mondo del Ghiaccio e del Fuoco di G.R.R. Martin (1996-in corso) - innovativa riproposizione di un Medioevo feudale, violento, disordinato, ispirato in parte ai conflitti fra Stuart e Lancastare, di intrigo e tradimento, dove il fantastico è lo sfondo delle emozioni e sfaccettature umane, vere protagoniste dell’opera - altre volte a risultati più modesti in termini di originalità e spunti narrativi, ma dal vasto successo di pubblico, come in Eragon di Paolini (2005-2018) o le Cronache del Mondo Emerso di Licia Troisi (2004-2014).


2.1. Medioevo fantascientifico.

Anche la fantascienza, nelle tematiche affrontate (è il caso della saga Star Wars di George Lucas) e nelle sue accezioni distopiche o cyber o steampunk, ha contribuito a ricreare un suo Medioevo peculiare, che spesso si rivela in un mondo futuristico decaduto a causa di un disastro scientifico o di una tecnologia avanzata in mano una cerchia ristretta di illuminati o di violenti dittatori, oppure in un'ambientazione da viaggio nel tempo: è il caso, quest’ultimo, di Un americano alla corte di Re Artù (1889) di Mark Twain, nel quale il protagonista, lo yankee Hank Morgan, in un viaggio “dell’anima” a ritroso nel tempo, giunge nell’Inghilterra del VI secolo d.C., governata dal Re Artù, venendo qui scambiato per un mago in quanto dotato delle conoscenze delle tecnologie del XIX secolo. Twain ribalta l’idea romantica di Medioevo alla Walter Scott e anzi conferma la nuova visione “americana” di un Medioevo statico, nei suoi tornei cavallereschi, nel suoi incastellamenti e sistemi feudali, popolato da contadini sfruttati in contrasto con la ricca aristocrazia di chierici e cavalieri, per mostrare lo sviluppo politico e i progressi tecnologici, sociali, raggiunti dall’America degli ultimi anni dell’Ottocento (un’idea ripresa nel 1999 da Michael Crichton, con Timeline, ambientato nella Francia del XIV secolo, durante la Guerra dei Cent’anni, nel quale si conferma l’idea di Medioevo barbaro, violento, delle ingiustizie perpetrate dall’aristocrazia inglese e dalla Chiesa cattolica, quindi quale contro-mito, non alternativa romantica, rispetto al presente americano)11.

Vi sono anche diversi racconti steampunk (Aquiliade di Sucharitkul, del 1989, o La Legione Occulta dell’Impero Romano di Roberto Genovesi, 2010) nei quali l’elemento meccanico fantascientifico, consistente in macchinari a vapore avanzati e complessi, hanno rivoluzionato il passato dell’antica Roma che, seguendo un corso di sviluppo diverso e più rapido, non è decaduta ma si è trasformata in un Impero avanzato, in lotta contro minacce aliene, dotato di armi e tecnologie all’avanguardia, alle prese con magia e Indiani d’America! (compiendo dunque un salto e scavalcando l’obsoleto Medioevo).

Il Medioevo futuristico, come “ritorno al passato” barbarico, chiuso o nei contesti narrativi post-nucleari, è un tratto distintivo di alcuni romanzi distopici e, soprattutto, del cinema che da tale genere ha tratto ispirazione: in Il signore delle mosche di William Golding (1984), avviene la discesa verso la barbarie di un gruppo di studenti e ragazzi preadolescenti, figli di famiglie borghesi, che, isolati dalla civiltà in un’isola del Pacifico (un’oasi verde, rigogliosa e ricca di cibo e acqua) dove giungono in seguito ad un conflitto atomico, si daranno un’organizzazione politica elementare presto degenerata in violenze ingiustificate, paure ancestrali e superstizioni, conseguenze di un’umanità improvvisamente abbandonata a se stessa; nei racconti del ciclo della Storia futura di Robert  H. Henlin (1939-1987) i cambiamenti tecnologici e scientifici, pur rivoluzionando il mondo del XX secolo (sono stati scoperti diversi pianeti e si è dato il via alla colonizzazione della Luna e dei corpi celesti del Sistema Solare), creano diversi problemi di natura etica, sociale e politica, sottoponendo il genere umano ai rischi del dominio da parte di una teocrazia dittatoriale e pseudocristiana, contraria alle sviluppo scientifici e ai viaggi spaziali e sopravvissuta nella comunità degli “AngelI” dopo la sconfitta (richiamo ad un ritorno al Medioevo papale e superstizioso) oppure generando sistemi di governo piramidali e neofeudali, come quelli che si creano nel romanzo Universo (1941) all’interno della navicella spaziale Vanguard (la classe di scienziati - sacerdoti come sorta di neo cavalieri - ecclesiastici), o forme di nuove servitù della gleba (nel colonizzato pianeta di Venere), mentre l’ideazione di una fanteria dello spazio umana, da opporre agli aggressori extraterrestri, può essere paragonata ad una nuova cavalleria galattica armata pesantemente con le “tute potenziate” descritte dall’autore; infine, nel campo della fantascienza distopica per ragazzi, la serie Hunger Games (2008-2020), di Suzanne Collins, ambientata in un futuro post-apocalittico, vede l’emergere dei distretti, sorta di nuovi feudi in cui dominano condizioni di povertà, fame, carestia, privi di tecnologia, sottomessi a Capitoll Hill, città-stato centro di Panem, i nuovi Stati Uniti, governati da un dittatore autoritario.

Alle paure del nuovo millennio e alle ansie neomillenariste rimandano in particolare numerose pellicole americane degli anni ’70-’80, appartenenti a quel filone della cosiddetta fantascienza di stampo apocalittico, come Gli avventurieri del pianeta Terra di Robert Clouse (1975), 2022: i sopravvissuti del 1973, con la regia di Richard Fleischer, 1997: fuga da New York di John Carpenter (1981), Knightriders - i cavalieri del regista George A. Romero (1981), che riprendono il tema della decadenza degli imperi e delle civiltà legato all’idea di medioevo come età di violenza e barbarie (un tema, questo, ricorrente nell’universo di Conan il Barbaro, protagonista violento, “vichingo”, selvaggio delle storie di Robert E. Howard, iniziatore del genere sword and sorcery, “spada e stregonerie”, poi trasportato magistralmente sul grande schermo da Milius)12.

Infine, in merito alle produzioni cinematografiche più celebri del genere fantascientifico che hanno rielaborato un'idea originale di Medioevo, va senz'altro citata la Saga di Star Wars di George Lucas, oggetto di un vero e proprio culto, nonché merchandising di successo. La Saga può essere letta e concepita come una rielaborazione e riproposizione di un Medioevo post-romantico, per una serie di richiami (consci o inconsci che siano): dall'ordine cavalleresco/religioso degli Jedi (novelli Templari, sulla scorta di un rinato "ordine segreto"), all'investitura tramite consegna della spada laser da Ben Kenobi a Luke Skywolker (si pensi all'investitura cavalleresca o al ciclo arturiano), dal rapporto "vassallatico" tra Han Solo e Chewbecca alla rappresentazione gerarchica della società, basata su una precisa suddivisione di poteri (una neo piramide feudale), dall'ambientazione stessa, presentata dall'introduzione (la saga è ambientata "In una galassia lontana, lontana", un altrove temporale e spaziale che potrebbe situarsi nello stesso tempo in un immaginario passato, presente o futuro) alla "forza", peculiarità dei sacri cavalieri Jedi, che richiama ideali cristiani come la "grazia" e un novello cristianesimo militante.                                                                                                                           Nel rapporto Han Solo – Chewbecca si palesa inoltre una riproposizione in chiave fantascientifica della struttura vassallatica medievale (signore - vassallo), mentre lo stesso Han Solo rappresenta il mondo commerciale medievale (ovviamente rivisitato) intraprendente e in espansione - similmente Luke proviene dal mondo "contadino" di Tatooine, da una struttura sociale e familiare retta da regole interne come la faida (Luke parte in missione dopo l'omicidio dei parenti). La sua è una vera e propria quest dello Spazio, che lo condurrà a compiere il suo destino, diventando da “scudiero” (apprendista), un cavaliere Jedi, custode della forza e difensore dei valori incrollabili dai quali dipenda la libertà e la salvezza di tutte le genti13.



BIBLIOGRAFIA. 

1. T. DI CARPEGNA FALCONIERI, Medioevo militante. La politica di oggi alle prese con barbari e crociati, Einaudi, Milano, 2011.

2. Sul revival medievale di William Morris e sulla sua attività artistica si veda un mio precedente contributo: N. MAGGIO, Da William Morris alla Terra di Mezzo: il Gothic Revival vittoriano e la nostalgia romantica per il Medioevo, I parte, in “Gli Annali della Terra di mezzo”, link: https://annalidellaterradimezzo.blogspot.com/2021/01/da-william-morris-alla-terra-di-mezzo.html.

3. Sul rapporto tra Morris e Tolkien: N. MAGGIO, Da William Morris alla Terra di Mezzo: il Gothic Revival vittoriano e la nostalgia romantica per il passato, II parte, in “Gli Annali della Terra di Mezzo”, 25 marzo 2021, link all'articolo: https://annalidellaterradimezzo.blogspot.com/2021/03/da-william-morris-alla-terra-di-mezzo.html.

4. R. ELZE e P. SCHIERA (a cura di), Il medioevo nell' Ottocento in Italia e in Germania, il Mulino, Bologna – Berlino, 1988

5. G. M. PESAVENTO, Il Borgo Medievale di Torino e il restauro in stile, Franco Cosimo Panini Editore, Venezia, 1991.

6. D. POLIDORO, L'uomo che sta ricreando la Contea degli Hobbit in Abruzzo, in Wired.it, 8 maggio 2021.

7. E. Musci (a cura di), Nuvole di Medioevo. Il fumetto ricreazione della storia, Istituto Alcide Cervi, Gatattico (RE), 2010

8. J. R. R. TOLKIEN, Il Signore degli Anelli, trad. it., BOMPIANI, Milano, 2003; Id., Il medioevo e il fantastico, trad. it., BOMPIANI, Bologna, 2013.

9. P. BOITANI, Tre paradigmi: Auerbach, Lewis e Robertson, in «Lo spazio letterario del Medioevo 2. Il Medioevo volgare», vol. IV, Salerno Editrice, Roma, 2004, pp. 399 – 444.

10. C. S. LEWIS, L'immagine scartata. Il modello della cultura medievale ed. Marietti, trad. it., Genova, 1990; Id., Le Cronache di Narnia, trad. it., Oscar Mondadori, Milano, 2014.

11C. PAGETTI, Lo yankee contro il Mago Merlino: Medioevo del passato, Medioevo del futuro, in «Quaderni medievali», n.21, giugno 1986, pp. 65-78.

12. V. ATTOLINI, Cinema di fantascienza e Medioevo, in «Quaderni medievali», n.21, giugno 1986, pp. 145-152.

13. V. Giacci, Medioevo Stellare. Dall'eccesso di futuro al Sitz im Leben medievale, in "Quaderni medievali" n. 5, 1978, pp. 166-173. 



APPROFONDIMENTO  (Patrick Vernuccio)

Così Parlò Isaac Asimov: la Fantascienza del XX Secolo e la Scientific Fiction.                      

L’espressione scientific fiction nasce nell’ambito della letteratura, coniata da Hugo Gernsback (cui è oggi intitolato il Premio Hugo, uno dei massimi riconoscimenti della letteratura fantascientifica e fantasy), fondatore nel 1926 della prima rivista di fantascienza del mondo, Amazing Stories. I racconti ospitati in questa collana spaziavano dall’avventura pura al cosiddetto filone letterario di scientific stories, detto successivamente Fanta-scientific Fiction, poi abbreviato in Sci-fi. Il termine “fantascienza”, nella traduzione italiana, venne invece coniato da Giorgio Monicelli agli inizi degli anni '50, inserendolo all’interno della storica collana di romanzi, da lui curata, “Urania” (dedicata, appunto, a romanzi e racconti di fantascienza).
Il genere fantascientifico mescola aspetti scientifico-tecnologici (straordinari, futuristici, dotati, sovente, di un certo grado di attendibilità) a elementi dell’immaginario (l’elemento fantastico può irrompere, ad esempio, nella quotidianità, nella realtà del nostro tempo, oppure può essere una costante stabile, sempre presente, in un mondo futuristico), trovando il suo precursore nelle opere di Jules Verne (Viaggio al centro della Terra, del 1864, Ventimila leghe sotto i mari, 1870) e H.G Wells (si pensi ai celebri La Guerra dei Mondi del 1897 o La Macchina del Tempo del 1895).

Si potrebbe andare a ritroso nel tempo e trovare una “proto-scientificità” anche in romanzi come Frankenstein di Mary Shelley (1819) e, addirittura, nel dramma Cyrano de Bergerac del francese Edmond Rostand (1897) - nonostante in quest’ultimo la scienza sia assente, mentre il meraviglioso è preponderante. Un'analisi a ritroso che ha più il sapore di un “Alla ricerca del Fantasy” che non dello sci-fi storytelling, ma è chiaro che, tanto la fantascienza che il fantasy del Novecento, traggono per molti aspetti, pur seguendo direzioni diverse, ispirazione dai medesimi modelli letterari sorti nel XIX secolo. Vi sono, infatti, opere sia letterarie che cinematografiche, nelle quali il confine di appartenenza ai due generi letterari è labile, sfumato; celebre l’esempio della saga di Star Wars di George Lucas (1977 - 2018), che, pur possedendo elementi fantascientifici non rientra pienamente nel genere; un dato su tutti: né Isaac Asimov, né Ray Bradbury, né altri autori dello stesso filone narrativo, pensavano che un antagonistica fantascientifico potesse avere le sembianze di Darth Vader, il Sith “cavaliere oscuro” armato di spada laser, con poteri mistici/spirituali, protetto da elmo futuristico e armatura tecnologica, che è una delle tante espressioni di quel Medievalismo che caratterizzano tutta la saga filmica e, più da vicino, il genere fantasy.


Dicevamo, dunque, ad inizio paragrafo, del buon Gernsback, ma andiamo subito al terzo decennio del XX secolo, partendo da Henry Bates. Fondatore della “Analog Science Fiction and Fact”, Bates fu il pioniere delle Astouding Stories: le prime raccolte di storie di fantascienza del mondo. Nel giro di pochi anni videro la luce, sulle pagine del mensile, gli scritti di Arthur Conan Doyle, e di un giovanissimo Ray Bradbury. Fu proprio questo il contesto nel quale si sviluppò e prese piede la Golden Age della Fantascienza: racconti come Le Strade devono Correre di Robert A. Heinlein (1939) o L’Esplosione Incombe (1940) dello stesso autore, rappresentano l’inizio di una vera e propria saga, Le Storie Future, su cui il successore di Bates, John Walter Campbell, basò l’identità delle Astounding Stories: infatti proprio qui si concentrò il rapporto, anche fitto, di scambio di opinioni e di veri e propri confronti scientifici tra scrittori quali Heinlein, Alfred Van Vogt (indimenticabile il suo Slan, pubblicato nel 1940, che parlava di Superuomini, molto criticato per alcuni evidenti similitudini con l’ideologia del Reich Tedesco e i richiami alla presunta purezza ariana) e un giovane ma promettente Isaac Asimov, il padre della “robotica”. Le Astounding Stories continuarono a riscuotere un buon successo per tutti gli anni ‘40 e per buona parte degli anni ‘50, quando cominciarono a fiorire i primi romanzi del genere, che rinnovavano profondamente il concetto di fantascienza.


Va tuttavia fatta una premessa essenziale sui pilastri che stanno alla base del genere: certamente Io, Robot di Isaac Asimov (1950), maestro indiscusso del fantascientifico, che, tra il 1940 ed il 1951, diede vita ad una concezione nuova della robotica (si pensi alle famose Tre leggi della Robotica)1 che proiettarono il pubblico di lettori americani dinanzi alla cosciente possibilità di vivere in un futuro - nemmeno troppo lontano - e in una società avanzata, a tu per tu con degli automi (anticipando, in un certo senso, questioni e problemi di etica e bioetica contemporanei, insorti con le innovazioni tecnologiche e gli effettivi progressi nel campo della robotica - biomedica, militare, domestica, sociale). O ancora Against the Fall Of Night del 1948, anticipazione dell’immortale La Città e le Stelle di Arthur Clarke, romanzo nel quale emerge il contrasto tra mondi tecnologicamente avanzati, ma a rischio di caduta (la tecnologia senza umanità de “la mente pazza”), e verdi oasi naturali protette fra le montagne (il mondo di Lys, rurale, pacificato, puro, dove gli umani non sono ricreati artificialmente ma concepiti naturalmente, e lo sviluppo delle macchine viene rifiutato in toto per evitare prevaricazioni, favorendo lo sviluppo di poteri “mentali” - spirituali, un mondo che si presente quale sorta di (Neo)Medioevo agreste, naturale, pacifico, lontano dal caos delle macchine, della guerra e delle navicelle spaziali). Questi primi racconti e romanzi diventavano così una vetrina per trattare nuovi temi e argomenti astronomici, come l’esplorazione nello spazio aperto o il moto dei pianeti: è il caso dei racconti appartenenti al ciclo della Future History (come la serie de La città in volo di James Blish, pubblicata tra gli anni Cinquanta e Sessanta, il Ciclo dello spazio conosciuto di Larry Niven, la raccolta di racconti The Past Through Tomorrow dello scrittore americano Robert A. Heinlein) e di numerosi scritti di Mack Reynolds, dai romanzi (si pensi al Ciclo dei Pianeti Uniti) ai racconti - fra i quali uno dei meno noti al grande pubblico, che ipotizzava invasioni aliene (The Aliens And The Coys, del 1948).


Negli anni ‘50 vi è da un lato fermento nella comunità scientifica, dall’altro le tensioni politiche-militari della Guerra Fredda, aprono il campo allo spettro di una Terza Guerra Mondiale e fomentano ansie e paure connesse a possibili conflitti nucleari (una delle espressioni letterarie più alte di questo clima di sfiducia, timore e angoscia, anche dinanzi alla concreta possibilità di nuovi e più efficaci totalitarismi, è certamente il romanzo distopico 1984 di George Orwell, scritto non a caso nel 1948, ancora oggi di grande attualità se si pensa alle modalità attraverso le quali gli stati totalitari del passato ma anche i governi dittatoriali del nostro presente, hanno tentato di controllare le masse, di indirizzarle e di creare un consenso totale attorno ad un unica figura-simbolo “padre della patria”). La Seconda guerra mondiale e le tensioni post-atomica fra Blocco Occidentale e Blocco Orientale, contribuirono a modificare gli stessi aspetti del genere fantascientifico che, negli anni della seconda metà del Novecento, visse un mutamento significativo e un passaggio profondo, dall’atmosfera di positività e aspettative ottimistiche, che permea la fantascienza della prima metà del secolo, ad un clima di sfiducia, più negativo, quasi disfattista, degli anni del post conflitto mondiale: un generale incupirsi dei toni che coinvolge le copertine delle stesse Astounding Stories. Gli anni Cinquanta segnano infatti il boom della corrente “distopica”- che fa da contraltare al pensiero utopistico moderno (filosofico, economico, sociale) delineatosi tra XVIII e XIX secolo e legato alle teorie del progresso - che vide tra i maggiori esponenti Ray Bradbury, un promettente Philipp Dick, e Clifford D. Simak, che pubblicò nel 1952 quello che viene considerato il “Manifesto della Moderna Fantascienza”: Anni Senza fine, titolo cambiato poi in City, dove la distopia si dilata al massimo grado, rivelandosi in una società governata dai veri e propri Cani, evoluti grazie al progresso scientifico, ed in un’altra società umana collassata ed emigrata su Marte, costretta a vivere secondo regole che ricordano l'idea comune di feudalità medievale.

Ed infatti proprio il Medioevo romanzato, post-atomico e “futuristico”, sembra tornare, con eleganti sottintesi, in molte delle opere degli autori padri della corrente “distopica”: quella sorta di incattivimento della società, di regressione civile, l’immaginario incastellamento di piccoli gruppi che si riuniscono per sopravvivere alla fame e ai conflitti, in un mondo desertificato, mutilato o abbandonato con le sue gigantesche opere artificiali in disuso, a causa di una guerra cosmica o di una crisi interna scaturita da un incidente scientifico - tecnologico di dimensioni globali - “altri mondi” che sembrano richiamare il mito delle invasioni barbariche distruttive, quelle che segnarono la fine di Roma e dell’eredità classica nel V secolo d.C., o l’idea di un Medioevo statico, rurale e “chiuso”, lontano dalle innovazioni, idea tipica dell’Illuminismo e veicolata, con le sue rielaborazioni successive, da letteratura, illustrazioni, propaganda, linguaggio giornalistico e mass media sino all’età contemporanea. Qui, però, il parossismo è evidente: le utopie falliscono proprio per il loro impossibile mantenimento e la loro inevitabile sorte di fronte all'avanzare della macchina, della tecnologia che porta alla prevaricazione di singole e potenti individualità, all'emergere di oscure forze e alla crisi di intere società e forme di vita. Il conflitto atomico come sliding doors di una esasperata corsa alla tecnologia finale e il successivo reset; oppure lo scontro con altre civiltà come punizione per aver osato andare oltre il Limes dello spazio cosmico conosciuto; qui, su questi due fronti si gioca il paragone tra la linee temporale reale e quella immaginaria della fantascienza: chi dice che l’una possa escludere l’altra?


È bene precisare che, sebbene “distopico”, apocalittico e post-apocalittico siano solitamente qualificati come sottogeneri della fantascienza, essi possono prescindere dalla tematica del progresso scientifico in senso stretto, ma il confine si mantiene comunque piuttosto labile: generalmente, per rendere l'idea, si ritiene fantascienza distopica il Fahrenheit 451 di Ray Bradbury (da cui fu tratto un film diretto da François Truffaut) e romanzo distopico il già citato 1984 di George Orwell, ma si potrebbe citare anche Il Nuovo Mondo di Aldous Huxley che, seppur uscito in una prima versione nel 1934, ebbe una curiosa rinascita alla fine degli anni ‘50, tanto da portare l’autore a diffonderne una seconda versione (Ritorno al Nuovo Mondo, 1958) in cui si tenne conto del cambio di passo del genere avvenuto negli ultimi anni e che portarono l’autore ad una riflessione profonda sul progresso scientifico in divenire in quegli anni. Il ventennio successivo al Secondo Conflitto mondiale è il periodo della corsa agli armamenti ed alla conquista dello Spazio, durante il quale si progettano i primi sbarchi sulla luna e fioccano le prime idee per gli innovativi super-computer e le prime intelligenza artificiali. Proprio su queste tematiche sia il Cinema (con 2001: Odissea nello spazio di Kubrick, 1968, ma anche Il pianeta delle scimmie di Arthur Jacobs, dello stesso anno, primo di una lunga serie di film e opere derivate) e la nuova letteratura - Il Tiranno dei mondi del Maestro Asimov e La Svastica sul Sole, meglio noto tra i più ferrati col titolo originale, The Men In High Castle (titolo molto…medievale!) vera e propria svolta della carriera letteraria di Dick, del 1962, senza dimenticarsi del precedente romanzo Il Mondo Che Jones Creò - si concentra la nuova sci-fi: perdita del controllo sulla tecnologia, distopia, un mondo a rischio del collasso e viaggi temporali/spaziali.


Progressivamente, sia per la mancanza di idee originali sia per cambio di gusti (vi è un boom di altri generi letterari, quali Fantasy e il Giallo contemporaneo) si arriva ad una svolta a partire dal 1970, quando si pongono le basi di un genere che cambierà la fantascienza: il Cyberpunk.

Il Cyberpunk è un sottogenere della fantascienza, nato come espressione letteraria, ma diffusosi rapidamente in altre forme di intrattenimento, quali media, fumetti, cartoons e film, che avevano il pregio di riuscire a rappresentare visivamente le ambientazioni “high tech, low life” che caratterizzano il genere. Vicino ad altre forme narrative come l'Atompunk, il Mythpunk, lo Steampunk, Il Cyberpunk ha avuto successo e una vasta eco grazie ad una sua peculiare caratteristica: la sua capacità di “plasmare nuove possibili realtà”.
Tra gli anni Settanta e gli anni Novanta nascono infatti i primi home computer, il web, i primitivi sistemi di Intelligenza artificiale portatori di tutte le loro complessità teoriche, pratiche ed etiche, in un “Così parlò Nostradamus” che rimanda alla robotica ed alle già citate avanguardiste Leggi degli automi di Isaac Asimov. Non a caso la nascita del genere è stimolata proprio dagli stessi scrittori anticipatori di tali tecnologie, che, oltre all’avveniristico Asimov, possiamo individuare, per esempio, in Philip K. Dick e John Brunner: Do Androids Dream of Electric Sheep, da noi conosciuto come Il Cacciatore di Androidi (1968), di Dick, è probabilmente tra i racconti più noti e significativi del genere, grazie soprattutto all'adattamento cinematografico ad esso ispirato, il cult Blade Runner di Ridley Scott (1982). Proprio gli anni Ottanta rappresentano l’anno Zero della narrativa Cyberpunk: Bruce Bethke, proprio con Ground Zero (1980) apre le danze, che poi continuano con la Trilogia dello Sprawl di William Gibson (Neuromante, Mona Lisa Cyberpunk e Giù nell’Iperspazio) e Mirroshades di Bruce Sterling (1988).
Il filone ha immediatamente successo perché esplora il lato oscuro della fantascienza, che fino a quel momento era stata raccontata in modo prevalentemente eroico, mentre nel cyberpunk dilagano gli antieroi. Vi è un cambio marcato di stile, con pochezza di termini scientifici ed un radicale riadattamento dei temi, meno complessi, il tutto condito da un linguaggio a volte scurrile e che strizza l’occhio al genere Noir ed Hard Boiled, un contesto nuovo con marcate discrepanze anche nelle ambientazioni e nei luoghi: scompaiono gli scenari spettacolari dove si svolgevano le epiche avventure degli eroi della fantascienza, sostituite da città decadenti, suburbane, assuefatte alla modernità dove l’individualità è stata sacrificata in nome di un globalismo esasperato - sembra quindi proprio una voce “Punk”, come quella di certe correnti di pensiero esplose negli stessi anni in America, Gran Bretagna e molte parti D’Europa.


In conclusione, oggi la Fantascienza si evolve, toccando campi mai immaginati nemmeno dai suoi padri fondatori (se non conoscete la Spacewave potreste esservi persi ottimi viaggi musicali) e il fenomeno Star Wars ha ormai raggiunto tutto il Globo, con un merchandising da milioni di dollari. Un genere che sopravvive, così come il Cyberpunk, non solo nei classici, che possono tornare utili a chi si avvicina per la prima volta al genere e la cui passione non è mai tramontata, ma anche e soprattutto nei nuovi mezzi multimediali, in grado di dare nuova linfa anche alle pagine di opere di Settant’anni fa: i videogiochi, in particolare, hanno ormai esplorato il genere in tutti i modi concepiti; Deus Ex è un punto di riferimento per il Cyberpunk e la sua filosofia; Mass Effect rappresenta la più nitida testimonianza di Space Opera alla Asimov. Il fenomeno delle serie televisive ha invece finalmente portato alla luce le prime trasposizioni delle opere più note: proprio quest’anno ha visto la Luce Dune: La Serie, tratta dal capolavoro del 1965 di Frank Herbert e l’anno prossimo sarà il turno de La Fondazione serie tratta da uno dei pilastri della letteratura fantascientifica “purista”, La Trilogia della Fondazione (“Quadrilogia”, se si tiene conto del romanzo che fa da prequel).
Alla luce dei nuovi sviluppi del genere fantascientifico, che sembra quasi non riuscire più a tenere il passo con i tempi, a guardare lontano come nel secolo scorso, forse a causa del velocissimo (e “atipico” nonché “capitalistico”) sviluppo tecnologico, tecnico, industriale (si pensi al campo della clonazione, della robotica, delle microtecnologie, delle innovazioni 3D, dell'intelligenza artificiale che, proprio nel 2017, è salita alla ribalta con il caso dell'esperimento Facebook, poi sospeso, condotto da scienziati statunitensi e britannici, durante il quale due robot hanno creato un linguaggio nuovo, sconosciuto all'uomo, per iniziare a comunicare tra loro)2 o a causa di un sempre più diffuso pessimismo post-moderno, alimentato da nuove crisi globali (epidemiche, politiche, economiche), tornano di costante attualità le celebri parole del maestro Isaac Asimov, a trent’anni dalla sua scomparsa, vero inno all'immaginazione creativa e all'arte di pensare, in meglio, il futuro:


La fantascienza è quel genere letterario che nasce dalla curiosità, alla quale si può rispondere solo con l’immaginazione, su come sarà il mondo dopo la nostra morte.


BIBLIOGRAFIA ALL'APPROFONDIMENTO

1. «1.Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.

2.Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge.

3.Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.».

Dal Manuale di Robotica, 56ª Edizione - 2058 d.C. In I. ASIMOV, Io, Robot, trad. it., Bompiani, Milano, 2006.

2. L'evento ha subito scatenato ansie, timori, paure di un possibile futuro simile a quello ideato da Mostow in Teminator 3 – Le macchine ribelli, film del 2003. 




Locandina del primo film, Star Wars: Episodio IV: una nuova speranza (1977), disegnata da Tom Jung.




Nicolò Maggio 


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