La simbologia dei luoghi della Terra di Mezzo: la Foresta
1. La Foresta nella Terra di Mezzo
Luogo che la cultura e l'immaginario medievale hanno consacrato a terra di passaggio, mistero e imprevedibilità, la Foresta riveste un'importanza essenziale all'interno del percorso interiore che l'Eroe tolkeniano deve percorrere e portare a compimento. Questo luogo/simbolo, con le sue caratteristiche, è entrato pienamente a far parte della nostra cultura letteraria, veicolato dai romance di Chretien e dell'anonimo del Gawain, confluendo nella poesia romantica e nei testi gotici, inserendosi a pieno titolo nel fantasy contemporaneo e nell'opera di J. R. R. Tolkien.1
Ma qual era l'idea di Foresta nel Medioevo?
Nell'età altomedievale la maggior parte delle terre dell'Occidente europeo erano dominate da paesaggi verdi e boscosi. Le foreste assumevano, in questo contesto, diverse connotazioni nella tradizione orale, scritta e nel pensiero comune:2 luogo di eremitaggio, luogo solitario, rifugio per i culti pagani ma anche protezione per assassini e briganti in fuga; non di meno luogo utile, dove era possibile procurare cacciagione e risorse, ma anche spaventosamente vasta, densa, impenetrabile e inospitale.
Se questa è la visione, l'idea che permane nell'immaginario collettivo dell'età di mezzo, è nei romance e nell'epica medievale che la Foresta esprime tutto il suo simbolismo: per Chretien è il luogo delle avventure e della riabilitazione dell'eroe Yvain, che infatti qui ha modo di mettere in mostra le sue qualità, coraggio e lealtà - vi incontrerà il fedele leone, compagno delle sue avventure – o delle insidie e delle prove del Perceval; nel Tristan di Béroul questo misterioso luogo, quasi mistico, si presenta sempre come un rifugio, poco accessibile comunque ai comuni mortali, ma paradisiaco e ricco di risorse per coloro che hanno il coraggio di inoltrarvisi e che posseggono le doti necessarie per vivervi all'interno; la Foresta è invece diventata simbolo dell'amore utopico e silvestre per i trovatori, che qui vi hanno ambientato i temi della fuga degli amanti;3 infine, nel Galvano e il Cavaliere Verde, opera conosciuta e studiata approfonditamente da Tolkien, la Foresta si presenta profonda, terribile e selvaggia, un luogo di tormento e di sfida, una prova superiore che una volta superata, condurrà l'eroe al meraviglioso castello di Bertilak.4
Nel Cinquecento e nel Seicento la Foresta si arricchisce di nuovi particolari descrittivi, tanto nella cultura, quanto nella letteratura e nel pensiero comune: non è più luogo indefinito, ma paesaggio dove si rispecchiano i desideri e le passioni dei personaggi che l'attraversano – così per la pazzia di Orlando – o luogo di sortilegi e perdizione nel poema del Tasso. Permane, comunque, quell'atmosfera di mistero e "densità" difficile da penetrare, costituita da piante e alberi oscuri, ombrosi, ambienti selvaggi in cui è facile smarrirsi.5
Con la progressiva scomparsa di zone verdi dall'Europa, a causa dell'attività dell'uomo e della crescente urbanizzazione, specialmente a partire dal Settecento, la Foresta diviene quella esotica, delle colonie americane, africane e indiane, rigogliosa, lussureggiante, lontana e quindi meno tenebrosa. Il Romanticismo, nell'esaltazione della natura e nella lotta contro l'industrializzazione, rivalutò la Foresta come simbolo di unione pacifica tra uomo e creato. I fratelli Grimm, esponenti di questa lezione, ambientarono le loro fiabe quasi esclusivamente nei boschi, luogo di esperienze morali significative e di incontri meravigliosi. Elemento indispensabile nei romanzi gotici e storici inglesi, questo luogo incantato confluirà nei romanzi di Tolkien.6
Nel Signore degli Anelli la foresta e il bosco rivestono un ruolo fondamentale; le foreste servono a scandire la narrazione, come fasi di passaggio in cui gli eroi si smarriscono, si imbattono in un grande pericolo e ne riemergono con l'insperato aiuto di un alleato imprevisto: Tom Bombadil salva gli hobbit dal Vecchio Uomo Salice, Barbalbero salva Merry e Pipino dagli Uruk. Può essere dimora di antichi regni elfici, quindi significare mutamenti positivi, o del Male nelle sue forme più orrende (Bosco Atro è dimora di malvagi ragni giganti), luogo dello smarrimento e della perdita di coscienza.
Sono due le Foreste che rivestono una particolare importanza simbolica nell'opera, in quanto espressione di due tipi di "Natura" diversa: la Vecchia Foresta e la Foresta di Fangorn.
In entrambe le Foreste la Natura è viva: gli alberi e le piante che le abitano possiedono facoltà intellettive, sono in grado di parlare tra loro e ragionare, perfino muoversi. Nella Vecchia Foresta, luogo di passaggio per Frodo, Sam, Merry e Pipino, la vegetazione è particolarmente ostile verso chiunque osi inoltrarsi e addentrarsi in essa: al di là degli schieramenti, al di là della lotta tra Bene e Male, la Foresta cresce violenta, devia i sentieri dei viaggiatori, tende ad espandersi verso le terre degli hobbit, "inghiotte" chi vi fa sosta. Una volta penetrati nell'insidioso e misterioso luogo, Frodo e i suoi compagni si sentono come vinti dal torpore, risucchiati in un'altra dimensione dove a prevalere sono foschia, densità ed un silenzio inumano.7 La foresta si presenta loro come il luogo di un sogno in cui restano incatenati. Il carattere ostile del luogo è esemplificato dal Vecchio Uomo Salice, l'albero più pericoloso e maliziosamente anarchico della Foresta, che cerca di mettere in difficoltà i quattro hobbit, intrappolandoli nelle sue radici. Salvati in un momento cruciale da Tom Bombadil, l'essere incantato che vive ai confini del periglioso luogo, Frodo e i suoi compagni possono proseguire per la loro avventura. Quindi la foresta assume qui il ruolo di passaggio, oscurità, luogo altro rispetto all'esterno, rispetto alla Terra di Mezzo, di cui fa parte, dalla natura selvaggia e indomabile. E' il luogo della prova e della sfida che l'eroe deve superare per continuare il suo cammino fondamentale.8 E tuttavia non è la malvagità a regnare in questo luogo: il Vecchio Uomo Salice e gli alberi della Vecchia Foresta sono memori delle distruzioni arrecate dalle forze oscure all'enorme bosco di cui questi immensi esseri vegetali facevano parte in tempi remoti. La loro ostilità nei confronti degli hobbit e dei viandanti diviene quindi, a buon ragione, una difesa a oltranza della natura stessa, che spesso sfocia in atti di violenza; non a caso solo Tom Bombadil, enigmatico personaggio che appare all'improvviso nei primi capitoli de La Compagnia dell'Anello, riesce a conviverci, in virtù probabilmente delle sue doti, della sua stessa natura superiore (l'autore non ha mai specificato di che tipo di essere si tratti), la sua incorrotta semplicità e del rapporto superiore che ha con la fauna, la flora, la vita in tutte le sue forme (Tom Bombadil è del resto uno dei pochi esseri sul quale il potere dell'Anello non ha effetto).
La Foresta di Fangorn è di natura diversa. In essa si imbattono Merry e Pipino nella seconda parte della saga, Le due torri, dopo essere sfuggiti da un gruppo di Huruk-hai. Questa è la dimora degli Ent, i pastori e custodi degli alberi, spiriti delle foreste inviati dal Vala Yavanna a protezione e salvaguardia dei boschi, vegetazione e del verde della Terra di Mezzo, da difendere indistintamente dalle intenzioni di tutte le razze parlanti di Arda, sia benevole che malvagie come gli Orchi. Gli Ent sono simili ad alberi, ma possiedono piena coscienza, e sono in grado di parlare, comunicare, e camminare.9 La prima impressione che desta Fangorn è quella di un luogo sinistro, intricato, come ammette Gimli, il Nano membro della Compagnia, prima di inoltrarsi al suo interno per cercare Merry e Pipino: «Ma non mi piace per nulla l'aspetto di questo Fangorn; e fummo anche messi in guardia contro di esso. Se almeno l'inseguimento ci avesse condotti altrove!».10 Subito dopo però interviene Legolas, l'Elfo arciere, membro del gruppo, a sottolineare come «il bosco non sembri malvagio», ma tuttavia dimori in esso «vigilanza e collera».11 Superata la paura iniziale, infatti, la foresta si presenta come un luogo di ristoro e di sapienza antichissima. E' in questo luogo che Aragorn, Legolas, Gimli incontrano Gandalf, lo stregone, diventato Gandalf in Bianco dopo lo scontro vittorioso sul Barlog di Moria - il bianco indica la sua ascesa nell'ordine degli stregoni e il nuovo e più alto ruolo che è chiamato a svolgere - che li guiderà e indicherà loro la strada giusta da seguire.
Le caratteristiche della foresta emergono dalla descrizione che Gandalf fa di Barbalbero, l'Ent custode di Fangorn:
«Barbalbero stesso è pericoloso; ciò nonostante è saggio e gentile. Ma ora la sua lunga e lenta collera sta per traboccare, e l'intera foresta ne è sommersa».12
Anche qui ci troviamo in un luogo di passaggio, la foresta segna una svolta per i personaggi del romanzo, che inoltrandosi in essa apprenderanno il loro nuovo scopo nella storia.
Quindi luogo della conoscenza, ma anche di crescita e cambiamento interiore, come avviene per Merry e Pipino che, più consapevoli del loro ruolo, dopo questa esperienza, condurranno l'esercito degli Ent alla vittoria contro il multicolore Saruman, divenuto nel frattempo un pericoloso nemico e alleato di Sauron.
BIBLIOGRAFIA
1P. BOITANI, Letteratura europea, pp. 707 – 710
2J. LE GOFF, Il meraviglioso e il quotidiano nell'Occidente medievale, trad. it., Editori Laterza, Bari
3Ibidem, pp. 38 – 40
4P. BOITANI, Letteratura europea, pp. 711 – 712
5Ibidem, pp. 713 – 717
6C. DURIEZ, Tolkien e il Signore degli Anelli. Guida alla Terra di Mezzo, trad. it., Gribaudi, Milano, 2002
7J. TOLKIEN, Il Signore degli Anelli, pp. 139 – 148
8Ibidem, pp. 149 – 153
9Ibidem, pp. 510 – 513
10Ibidem, p. 541
11Ivi
12J. TOLKIEN, Il Signore degli Anelli, pp. 550 – 551
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