Medioevo videoludico: dieci titoli che hanno cambiato il modo di pensare il Medioevo (giocando)


Medioevo videoludico.

Dieci titoli che hanno cambiato il modo di pensare il Medioevo (giocando)

di Nicolò Maggio 

1.1 Nuove frontiere del medievalismo: il videogame

La cultura contemporanea, non soltanto occidentale, si nutre costantemente di simboli, temi, rappresentazioni provenienti dall’età di mezzo: dalle serie tv al linguaggio giornalistico, dal cinema alla propaganda politica, dalle rievocazioni alle feste popolari, il Medioevo – rivisitato – risulta pervasivo e variamente declinato, a seconda delle contingenze o del contesto. Si parla, in presenza di questo fenomeno, di Medievalismo, come è stato più volte affermato e puntualizzato sia dal sottoscritto che da diversi studiosi autorevoli, complesso fenomeno culturale consistente nella rielaborazione, esaltazione, ricezione, invenzione del “Medioevo dopo il Medioevo”. Così, ad esempio, la celebrazione di alcuni eventi peculiari o personaggi storici dei secoli di mezzo in funzione politico – ideologica, come le Crociate, la Guerra dei Cent’Anni, l’Impero di Federico Barbarossa (per il periodo romantico si pensi all’opera di Chautebriand e Wagner, rispettivamente per la Francia e la Germania, mentre, in un contesto più attuale, come non far riferimento alle strumentalizzazioni della destra Le Peniana o ai gruppi neonazisti tedeschi) e, in Italia, l’esperienza dei Comuni del Nord della penisola e la Rivolta del Vespro siciliano, riattualizzati in funzione delle “battaglie” da compiere o da compiersi nel presente, di programmi politici, o della divulgazione massmediatica. Medievalismo è anche il recupero di stili artistici e architettonici propri dei secoli medievali, riadattati in edifici moderni: così, per fare solo pochi esempi relativi a due regioni alle quali sono legato – per origini e percorso di vita – il neogotico sabaudo della tenuta di Pollenzo e del Borgo del Valentino del d’Andrade, le torrette e le guglie confluite nel libery siciliano, dal celebre Villino Florio del Giachery alle ville-castello del lungomare di Messina progettate e realizzate tra la prima e la seconda metà del secolo scorso.

Le declinazioni contemporanee del Medievalismo, dunque, sono numerosissime e hanno una notevole incisività sul vissuto culturale, materiale, politico, comunicativo, storico della società, ma non è tuttavia questa la sede opportuna per affrontare un tema di così vasta portata per il quale si rimanda agli ottimi lavori e contributi dei medievisti Franco Cardini, Tommaso di Carpegna Falconieri, Umberto Longo, Francesca Roversi Monaco, Marina Montesano. Fatte queste fondamentali premesse, si andrà qui ora ad indagare e analizzare le modalità attraverso le quali il Medioevo è stato rappresentato, rielaborato, idealizzato da uno dei media più recenti e più in voga del XXI secolo: il videogioco. Una riflessione sul tema appare di significativa importanza dato anche il numero in costante crescita di videogiocatori a partire dagli anni Novanta ad oggi. Inoltre, sin dall’uscita delle prime console e dei primi personal computer, sono stati pubblicati numerosissimi games ispirati all’Età di Mezzo (sia storica che “mediata” dalla tradizione romantica e dalla dimensione del fantasy, su quest’ultimo aspetto si pensi al celebre gioco da tavolo “Dungeouns & Dragons”). Va da sé, seguendo una tendenza di lunga durata ancora oggi in voga, la maggior parte dei videogiochi ispirati ai secoli di mezzo riproduce un Medioevo tutt’altro che filologicamente accurato (per quanto possa esserlo una ricostruzione digitale) o fedele e storicamente veritiero e oggettivo; quello rappresentato è solitamente un evo medio fantastico, oscuro e tenebroso, oppure magico, aureo e spirituale, che risponde più all’immagine di Medioevo d’invenzione cara all’immaginario collettivo e prodotta a cominciare dal pensiero romantico e dalla moda revivalista dell’Ottocento europeo o che, viceversa, risponde all’altrove “medievale” dei romanzi fantasy, delle stampe liberty e dei primi fumetti del Novecento. Come non citare, in questo contesto, le celebri avventure di Conan il Barbaro a loro volta ispirate ai romanzi originali Sword and Sorcery di Howard, impreziositi dalle illustrazioni di Frazetta, che possono, in quale modo, essere considerati gli antenati celebri di questa categoria di videogiochi appena menzionata.


Screen tratta da Dark Souls (2011)

Esemplari virtuali di questa moda neomedievale del XXI secolo sono, ad esempio, i war games per PC di tipo tattico-strategico e militare, che a loro volta possono essere suddivisi in due categorie. La prima riguarda i giochi strategici a turni (o gestionali) che organizzano l’azione del giocatore a turni in maniera simile ai giochi da tavolo come gli scacchi, il risiko o l’Alquerque (il primo e l’ultimo molto in voga durante il Medioevo), per citare uno dei giochi da tavolo d’origine medio orientale più apprezzati da Alfonso X di Castiglia “il Saggio”; esempio celebre di questa tipologia è sicuramente la saga di Civilization. La seconda, invece, riguarda i giochi RTC o Real Time Conquest, ovvero videogiochi di strategia in tempo reale nei quali l’azione dei giocatori è simultanea e sincronica, con la possibilità offerta al videogiocatore di controllare armate, costruire edifici, gestire le risorse in un’ottica più immersiva / dinamica rispetto ai games a turni, non ultima la possibilità di “cambiare la storia”, attraverso what if ben pensati. Come non citare, tra gli esponenti di questa categoria, la fortunata saga di Age of Empire o di Total War, entrambe con capitoli dedicati esclusivamente al periodo medievale. Il Medioevo, sia storico che romantico, è inoltre la fonte d’ispirazione per diversi games di genere in prima persona basati, cioè, su una visione in prima persona degli scenari, dell’ambientazione e dell’avventura, ovvero su un adattamento virtuale che rende il giocatore protagonista stesso del gioco, come se si trovasse effettivamente nella realtà simulata dal media in una prospettiva visuale immersiva e interattiva (il videogiocatore visiona soltanto gli arti, le mani, le braccia e le gambe del protagonista, come se fosse lui stesso l’attore del gioco). Rientrano in questa fortunata categoria videogiochi come Chivalry e For Honor. Al Medioevo guardano anche numerosi games RPG o ARPG, ovvero Action role playng game, giochi di ruolo d’azione in terza persona e open world, nei quali il videogiocatore controlla un personaggio che può liberamente esplorare il mondo virtuale circostante, compiere missioni, intrecciare rapporti con altri personaggi (sia giocabile da altri utenti in modalità multigiocatore, quando prevista, che PNG, personaggi non giocanti). Si collocano su questo corso videogiochi che hanno fatto letteralmente storia come la fortunata saga di Assassin’s Creed, specie i capitoli incentrati sulla figura di Ezio Auditore, l’hashashin alleato di Lorenzo de Medici nella Firenze di fine Quattrocento. Il videogioco, dunque, ha rappresentato, soprattutto dai primi anni duemila, un cantiere interessante per la rielaborazione e trasmissione del Medioevo, seppur spesso poco storico o storicizzato e presente nelle sue forme revivalistiche (di tradizione romantica), caratterizzato dalle ambientazioni medievaleggianti tipiche del fantasy o dagli scenari gotici / orrorifici. Pure va segnalato come diversi games degli ultimi anni siano sempre più fedeli al periodo storico rappresentato, manifestando un intento sia ludico che divulgativo. Dunque non può essere trascurato l’impatto e il ruolo attivo che questi games, in particolare i titoli sopra menzionati, hanno svolto e continuano a svolgere all’interno della società contemporanea, influenzando con la loro rappresentazione e trasmissione al pubblico dell’Età di Mezzo, i gusti, le abitudini, la conoscenza, lo stimolo all’approfondimento, la cultura e l’immaginazione creativa della lunga schiera di gamers, che rappresentano una parte cospicua della società globale contemporanea.

Ora, partendo dagli studi più recenti sia italiani che esteri sul medievalismo e sul videogame – inteso nelle sue varie connessioni con la società di fruitori e non – si vorrà qui evidenziare il ruolo e la capacità del videogioco nella rappresentazione e rielaborazione dell’età di mezzo, quindi soffermarsi sulle caratteristiche che lo rendono, di fatti, un medium unico nel suo genere, in grado di raccontare una storia virtualmente rappresentata, grazie alle caratteristiche sue proprie di forte immersione e interattività dei giocatori. Il videogioco, quindi, diventa sia un esempio contemporaneo di medievalismo, in grado di recepire e interpretare il Medioevo in una molteplicità di realtà virtuali ipoteticamente infinite, adattandosi al gusto del pubblico, rispondendo alle mode del momento. Nello stesso tempo è anche un efficace strumento di rappresentazione virtuale del Medioevo che raggiunge in alcune occasioni risultati filologicamente e storicamente accurati, quindi un mezzo particolare di rappresentazione e divulgazione della storia medievale, in grado di rivestire una funzione didattica, soprattutto presso i più giovani.

Per farlo si seguirà un criterio metodologico storico-comparativo che tenga conto, anzitutto, dell’evoluzione di questo medium nel corso del tempo. Si prenderanno, infatti, in considerazione, games dei primi anni duemila e prodotti videoludici più recenti, pubblicati negli ultimi 6 anni, per delineare i cambiamenti cui è andato incontro il videogioco a sfondo storico-medievale nel corso del XXI secolo. Si è assistito, infatti, gradualmente ad un passaggio significativo da un Medioevo fiabesco ed eroico, quale poteva essere quello di The Legend of Zelda o di numerosi giochi ispirati alla figura e al mito di Re Artù, ad uno più gotico, oscuro, dalle tinte dark-fantasy, crudo e violento, quali Dark Souls e Demon’s Souls, mentre, negli ultimi anni, si è assistiti ad una tendenza “colta”, volta a recuperare il Medioevo storico, e a rappresentare aspetti culturali, artistici, filologicamente corretti, eventi – battaglie storiche realmente avvenute, strumenti, edifici e fortezze autenticamente medievali e correttamente rappresentati. Questa, ad esempio, la linea di tendenza inaugurata da giochi come la già citata saga di Assansin’s Creed o da altri titoli come Kingdome Come: Deliverance. L’analisi, inoltre, verterà su titoli molto diversi tra loro per trama, genere, giocabilità, dagli strategici di ambientazione fantastica e velatamente storica, come Tzar: Excalibur e il Re Artù, a games immersivi in prima persona come Kingdom Come: Deliverance, i quali recuperano filologicamente diversi aspetti del periodo medievale in materia di armi, fortezze, stili di combattimento, nel particolare la scherma storica medievale. Un’analisi di questo tipo appare interessante poiché consente di evidenziare e mettere in luce i diversi modi in cui il Medioevo, fonte d’ispirazione primaria, viene continuamente e variamente interpretato a seconda del tempo, delle mode, dei gusti, delle contingenze storico-politiche attuali, dal media del Videogame.

Infine, il presente articolo segue un criterio personale nella scelta dei titoli. I games qui rappresentati e analizzati nel loro essere veicolo di medievalismo e, insieme, di didattica del Medioevo, sono titoli ai quali il sottoscritto è particolarmente legato e affezionato – da ex esperto (e umile) videogamer con un importante bagaglio di esperienze decennali alle spalle. Questi games, dai "retrò", dei primi anni Duemila, a quelli più recenti, hanno costituito, specie negli anni dell’adolescenza, il mio personalissimo e nostalgico sogno del Medioevo, un sogno nel quale, diversamente, mi rifugio ancora oggi – cercando di disvelarne i segreti e le bellezze nascoste. 

 

Schermata di gioco di Tzar: Excalibur e il Re Artù. Elementi fantastici, maghi e Golem di pietra, inseriti in un contesto pseudo-medievale ed europeo, dove trovano posto fanti, lancieri, una caserma e torri di guardia. 


1.2 Medioevo in “Tempo reale”

Nella categoria di wargames RTC e a turni per PC rientrano alcuni titoli che hanno segnato il successo del genere strategico-militare: senz’altro da citare il videogioco di casa FX interactive Tzar: Excalibur e il re Artù (The Burden of the Crown) pubblicato nel 2000, che, come anticipato dal titolo, è direttamente ispirato al Ciclo bretone, rielaborato, in grado di immergere il giocatore in un’ambientazione fantasy e medievaleggiante, per l’esattezza in una sorta di Basso Medioevo (principalmente inglese, francese, arabo e mongolo) arricchito da stregoni, eroi, razze fantastiche come orchi e nani, avventure immaginarie. Il gioco consente all’utente di scegliere uno schieramento o civiltà (suddivise in civiltà europea, civiltà araba e civiltà asiatica) per poi misurarsi in missioni o campagne militari libere (la vittoria è garantita con la conquista del castello nemico o la distruzione dello stesso). Possibile, inoltre, scegliere la modalità avventura che permette al giocatore di rivivere le avventure di Re Artù o l’ascesa al potere di Gengis Khan (adolescenza, riunificazione delle tribù mongole, ascesa al trono e conquista della Cina della dinastia Jin nel 1234). Il gioco offre la possibilità di armare e comandare truppe (con un limite di armati prestabilito), produrre e gestire risorse minerarie, alimentari ed economiche funzionali al mantenimento delle truppe e alla crescita complessiva della propria fazione, nonché di costruire numerosi edifici (specifici per ogni civiltà) i quali, a dispetto degli elementi fantastici dell’ambientazione, presentano elementi affini a quelli realmente realizzati nell’Europa tra XIII e XV secolo, come le moschee arabe, le caserme europee, i templi cinesi, la iurta mongola. Anche le unità degli eserciti delle rispettive civiltà presentano elementi tipici delle forze militari del Tardo Medioevo, dalla tattica utilizzata alle armi: si pensi ai giannizzeri, a cavallo, armati di scimitarra con caratteristico copricapo d’origine turca (unità reclutabile all’interno della civiltà araba, ben realizzata a dispetto dell’anacronismo e della sovrapposizione di culture), o ancora al fante o all’arciere con arco lungo europei, entrambi ben resi secondo modelli inglesi e francesi del XIII e XIV secolo), agli arcieri a cavallo mongoli, ai fanti almohadi, armati più alla leggera rispetto ai corrispettivi europei. Risulta, invece, caricaturale l’equipaggiamento dei cavalieri crociati, troppo pomposo e caratterizzato da una grande lancia da torneo, un lunghissimo mantello con il simbolo della crux latina, bacinetti (elmi a copertura completa con celata) con elementi decorativi romantici, o ancora quello dei samurai o dei ninja, dotati di abilità speciali ben poco realistiche. Tuttavia proprio questo mix di mitologia arturiana, storia tardo medievale ed elementi della tradizione fiabesca rendono il gioco un prodotto interessante, senz’altro in grado di stimolare la fantasia, le abilità logistiche e gestionali, la contabilità delle risorse, le abilità strategiche e, in ultimo, di approfondire gli aspetti letterari del Ciclo bretone o quelli storici della vita e gesta di Temujin / Gengis Khan, grazie sia alle modalità avventura che alle preziose introduzioni vocali in apertura delle missioni.

L’altro RTC che merita di essere menzionato in questa sede è Age of Empire II: the Age of Kings, capitolo dell’omonima e celebre saga di casa Microsoft pubblicato nel 1999 ma ulteriormente ampliato da un’espansione del 2001 e di recente rimasterizzato, anche per console, nel 2013. Come per il precedente, anche in questo caso il giocatore controlla eserciti e gestisce strutture, risorse, uomini attraverso una visuale dall’alto; è possibile scegliere fra ben 13 civiltà ognuna delle quali con delle proprie specificità: ad esempio, i Vichinghi possono vantare l’utilizzo dei guerrieri bersek, i Turchi i giannizzeri (armati, in questo caso, anche di moschetto), i samurai per il Giappone. Gli edifici, inoltre, pur essendo gli stessi con le stesse funzioni per ogni fazione, cambiano il loro stile architettonico a seconda della civiltà: così si ha, ad esempio, uno stile mediorientale per Bizantini e Turchi, uno europeo-nordico per i Teutoni e i Vichinghi e uno stile asiatico per le civiltà di Mongoli e Cinesi, secondo un criterio che, pur non rispettando i caratteri costruttivi specifici delle singole civiltà in un sincretismo anacronistico, ha il merito di rendere chiaro il minimo comune denominatore culturale delle singole fazioni rendendole distinguibili e dotate di tratti peculiari. Con un sistema di gioco simile ad Excalibur, nel caso del secondo capitolo di Age of Empires ci troviamo di fronte ad un prodotto videolutico che rispetta la fedeltà storica agli eventi del Medioevo, seppur manca completamente una collocazione geografica (le scene si svolgono su mappe asettiche, senza riferimenti) con la possibilità di scegliere modalità di gioco libero, multigiocatore o meno, o le campagne militari.

Gestionali a turni sono invece Imperia Online (2005) della bulgara Imperia Online S.p.A. e Civilization (1991-2016) della statunitense Micro Prese, nei quali risulta fondamentale l’utilizzo e la gestione di risorsi, la diplomazia, la tutela del proprio insediamento urbano e la cura per la sua crescita, l’addestramento delle truppe e la loro specializzazione. Tali giochi spesso enfatizzano alcuni aspetti del Medioevo, ad esempio la fortezza con spesse mura di cinta, l’assedio distruttivo, le battaglie campali e i resoconti di quest’ultime.

1.3 Medioevo in “prima” e in “terza persona”

Tra foreste nere e cimiteri goticizzanti, in notti di pallida luna piena e gargoyles parlanti, si muove Sir Daniel Fortesque, “eroe” atipico tornato nel mondo dei vivi per salvare Gallowmere e l’intera umanità dal malvagio stregone Zarok. Si tratta di MediEvil, videogioco della Sony pubblicato nel 1998 e destinato a divenire un cult per gli appassionati. Il titolo rimanda già al tono del gioco, è infatti un gioco di parole che unisce Medieval (medievale) ad evil (malvagio). Il protagonista si muove infatti in un’atmosfera da cupo e tenebroso Medioevo, erede in qualche modo dei romanzi di Walpole e di Bram Stocker, che in realtà è una vera e propria parodia del Medioevo eroico e cavalleresco di tradizione romantica: il protagonista in vita è stato un menestrello arrivista e senza scrupoli, in grado di prendersi meriti e lodi ingiustamente da parte del sovrano e scalare, così, la gerarchia sociale di Gallowmere; gli spiriti dei cavalieri che il protagonista incontra nella sala degli eroi sono tutti arroganti, presuntuosi, vanitosi, sanguinari, specchio di ciò che sono stati durante il loro servizio militare – tutt’altro, dunque, che eroi cavallereschi e irreprensibili. E’ quindi un game legato principalmente alla sfera ludica e non all’apprendimento di un preciso contesto storico che, tuttavia, nella sua rielaborazione dell’età di mezzo risulta interessante per la nuova chiave di lettura, una prospettiva ribaltata di quello che è stato il Medioevo per i romantici, per i primi scrittori di fantasy – si pensi a Morris o a MacDonald – e, ad esempio, per Walt Disney e i suoi continuatori.

Un altro grande classico giocabile in terza persona è la saga di The Witcher (2007-2022), prodotta dal team polacco CD Projekt Red, dal vastissimo successo di pubblico. Geralt di Rivia, lo strigo protagonista del game (anglicizzato in witcher), è dotato di poteri magici e capacità fisiche sovrumane che utilizza per compiere missioni rischiosissime e uccidere mostri particolarmente aggressivi per conto del migliore offerente. L’ambientazione è quella fantasy tratta dai romanzi originari di Andrzej Sapkowski (1948-) che ricorda, in qualche modo, l’area polacco-lituana del Tardo Medioevo (ad esempio nel vestiario, nella vita principalmente rurale dei cittadini o negli edifici, come nelle case a graticcio o nelle spesse fortezze in mattoni) con le sue leggende e tradizioni popolari. Ci troviamo, in questo caso, di fronte ad un videogioco che, pur non rappresentando un Medioevo storico, ne riproduce alcuni aspetti enfatizzati e stereotipati: se appare complesso risalire alle fonti originali di determinati aspetti del gioco è comunque interessante la rielaborazione fantastica messa in opera, un fantasy dalle tinte dark che riporta diversi elementi tratti da leggende e tradizioni popolari dell’area polacca, stimolante, invece, la cornice metanarrativa del prodotto stesso, collegato all’universo letterario dei romanzi di Sapkowski e, successivamente, cinematografico (la serie “The Witcher” di produzione Netflix).

Segue invece un’ottica di fedeltà alla storia la fortunatissima saga di Assassin’s Creed: i primi tre capitoli (2005-2011) sono ambientati rispettivamente nei regni d’Outremer, in Terra Santa, durante la Terza Crociata (o Crociata dei Re, 1189-1192), nella Firenze dei Medici durante e dopo la Congiura dei Pazzi (1478), San Gimignano, Forlì, e la Roma del XV secolo. Se corretti sono gli eventi storici, nei quali si muovono Altair ed Ezio Auditore (i due “assassini” protagonisti dei capitoli qui menzionati), che sono parte fondamentale della trama, altrettanto filologica appare la ricostruzione 3D di edifici simbolo delle città italiane del Tardo Medioevo, come ad esempio Santa Maria del Fiore o Palazzo Pitti (anche se appaiono, in più di un caso, elementi architettonici aggiunti nel corso delle ristrutturazioni successive). Le città, in particolare Firenze, sono ricostruite fedelmente, tanto che la Ubisoft, la casa di produzione del gioco, ha lanciato recentemente l’iniziativa Discovery Tour, aperta a studenti e insegnanti, che offre la possibilità di poter visitare virtualmente, tramite personal computer, realtà storiche e geografiche, immergendosi, inoltre, nelle tecnologie e nelle scene di vita quotidiana dell’antico Egitto, del Nord Europa vichingo e anglosassone, della Grecia classica.

Tra i videogiochi a sfondo storico medievale in prima persona rientrano la saga di Chivalry (2015-2021) e Kingdom Come: Deliverance (2018), rispettivamente della Tom Banner Studios e della Deep Silver. In entrambi è possibile misurarsi in cruenti duelli medievali che tengono conto, fedelmente, di armature ed armi realmente utilizzate nel corso dell’età tardomedievale, ad esempio martelli da guerra e spade a due mani per i cavalieri pesanti, spade leggere per la fanteria semplice e così via, nonché delle tecniche di scherma storica, della reattività dei personaggi coinvolti (realismo consentito da sistemi tecnologici sempre più avanzati). Ecco che la sfera ludica e dell’interazione multiplayer si sposa con la rappresentazione e l’acquisizione di elementi, dati, forme e contenuti dell’età di mezzo, recepiti dai videogiocatori con più immediatezza e curiosità proprio perché fondamentali per l’esito dei duelli / missioni (ad esempio, la scelta di un’unità anziché di un’altra, così come di un’arma specifica in virtù dei suoi vantaggi su una determinata classe di fante nemico).

Infine, un’ultima menzione per Ghost of Tsushima (2020) della Sucker Punch Productions: ci spostiamo qui nel Giappone feudale al tempo dell’invasione mongola di Kubilai Khan (1270). Il protagonista, Jin Sakai, un samurai rinnegato, dovrà abbandonare la retta via per agire nell’ombra, con mezzi e tecniche subdole, per uccidere più invasori possibili e respingere l’invasione. Ottima la resa scenica degli scorci naturalistici del Giappone, ma anche la modalità open world, sulla scia di Assassin’s Creed, ben realizzata e congeniata, che consente al videogiocatore di esplorare liberamente gli ambienti del gioco.


2.1 Il videogame a sfondo storico-medievale come strumento didattico

Il videogioco, dunque, se da un lato diventa un canale originale di produzione e diffusione di medievalismo, può assumere, nel caso di giochi che fanno del Medioevo reale il fulcro e nucleo portante, anche il ruolo di strumento didattico specie per quella fascia di utenti giovani che ne sono i massimi fruitori (dai 14 ai 18 anni, quindi in età scolare), capace di narrare, raccontare una storia – in questo in modo simile ad altri media, come i fumetti a sfondo storico o i romanzi storici – ma, in più, offre la capacità agli utenti – giocatori di viverla in prima persona, di essere, anzi, protagonisti stessi della storia, attivi e fondamentali, spesso addirittura in grado di cambiarla. L’insieme di queste dinamiche, quindi l’immersione nella realtà virtuale, l’interazione, specie con altri giocatori, lo stimolo all’inventiva, il rapporto con l’ambiente circostante, la partecipazione virtuale a battaglie e campagne militari, è in grado di inoltrare il giocatore – fruitore verso un nuovo sistema di apprendimento, attraverso il quale la conoscenza di elementi, fatti storici, culture dell’età di mezzo diventa addirittura fondamentale per il superamento di alcune quest o comunque importante nel corso di missioni o duelli. Certamente non può il videogioco sostituire i mezzi tradizionali e consolidati della didattica della storia, dati anche i numerosi anacronismi, le imprecisioni o il linguaggio stereotipato, ma può sì assumere il ruolo, ad avviso dello scrivente, di strumento ausiliare, utile e aggiuntivo ad esempio nel contesto di una classe d’istituto superiore: sta al docente esperto in materia, in questo caso, segnalare gli errori e fornire gli strumenti necessari per individuare le imprecisioni storiche, cronologiche, geografiche, socioculturali. Rendere quindi gli studenti in grado di risalire al Medioevo partendo dalle sue molteplici rappresentazioni, rielaborazioni, invenzioni virtuali, in una parola, dal Medievalismo.

 

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